Giuliano Scabia (1935-2021), l’angelico viandante, il poeta d’oro e di miele, è stato figura unica nel panorama culturale e artistico italiano. Poeta innanzitutto, ha sperimentato senza sosta in vari campi, il teatro, la narrazione, costituendo il proprio mondo espressivo intorno all’idea di arte come relazione e come visione, immaginazione gioiosa di mondi misteriosi, amorosi, sacri.
Dopo aver collaborato con Luigi Nono, dal 1965 ha esplorato il teatro, inizialmente con testi che in modo fantastico mettevano in questione i modi di vivere e le ideologie dell’Italia degli anni del dopo boom economico e delle contestazioni. Quindi il teatro lo ha dilatato fuori dai luoghi deputati, dando luogo a una vera e propria rivoluzione delle scene con lavori a partecipazione con bambini, pazienti psichiatri, studenti, abitanti di periferie urbane e di zone di campagna o montagna, sempre guidato dal motto di Gombrowicz: “Colui con cui canti, modifica il tuo canto”. Con lui sono nate figure mitiche come il Drago d’Abruzzo, sonda delle immaginazioni di ragazzi, Marco Cavallo, simbolo della liberazione da una psichiatria oppressiva, il Gorilla Quadrumàno, emblema di una ricerca delle radici profonde nell’ambiente e dentro sé stessi.
Interpretando il personaggio del Diavolo, legato con una corda a un Angelo musicante, ha viaggiato per città storiche e piccoli centri, interrogandosi sul Male e sulle forme di una nuova Commedia dell’arte.
In seguito prevalente è stata l’attività di narratore e di cantore di versi, con storie e azioni portate in boschi, monti, luoghi urbani, sempre in dialogo stretto con gli occhi, le menti, i cuori, le immaginazioni dei partecipanti.
I suoi romanzi, pubblicati da Einaudi e articolati nei due cicli dell’‘‘Eterno andare’’ e di ‘‘Nane Oca’’, hanno indagato in forma di favole, divertenti, affascinanti, temi brucianti del nostro vivere collettivo, dalla memoria al terrorismo, al pericolo rappresentato dalla degradazione ambientale, alla trasformazione del mondo in un grande mercato e dei luoghi più segreti in mete turistiche.
Giuliano Scabia
Colomba d’Apolito, 1997
Dal 1972 al 2005 è stato docente di Drammaturgia 2 al Dams di Bologna: in modo non cattedratico ha sviluppato ricerche svolte insieme con gli studenti, che considerava suoi maestri, affondi sulle strutture del teatro e dell’immaginario e sulle forme per comunicare e per inventare. Le sue attività creative esterne si sono nutrite di questo modo di insegnare, raccontato nel libro postumo ‘‘Scala e sentiero verso il Paradiso’’ (La casa Usher), e del dialogo costante con poeti, scrittori, scienziati, teologi, teatranti, filosofi…
Due “deità” hanno guidato la sua attività favolistica, curiosa, gioiosa sempre: la poesia lirica di Orfeo, canto addomesticatore di bestie, fondatore di civiltà, e la poesia drammatica, di possessione, di Dioniso, il capo-coro, il dio della scena.
Il suo “Teatro vagante”, alimentato dallo sguardo e dal ritmo ‘‘altro’’ della poesia, sempre in movimento di ricerca, osserva il mondo, la società che cambia, penetra nell’interiorità, scruta nei recessi più misteriosi della psiche, nelle bestie e nelle foreste che abbiamo in noi, nelle storie che ci raccontiamo per conoscere, per consolare, per riformulare le cose.
Teatro, narrazione e poesia in Scabia osservano le stelle, l’universo, i boschi, gli esseri umani, cercando le forme per trasporre la fatica della vita in sprazzi di Paradiso. Ascoltano e partecipano la ‘’lingua del tempo’’ con la voce, con i corpi, con i corpi in voce, in danza, con i piedi che si muovono e che creano e sostengono, col loro ritmico battere, i versi, la poesia, il racconto, mai chiusi nelle pagine, ma detti, erranti, cercanti, interroganti.
Giuliano Scabia a San Miniato
Aurelio Cupelli, 2012
In oltre sessantacinque anni di attività Giuliano Scabia ha lasciato un gran numero di opere – libri e opuscoli a stampa, dattiloscritti e abbozzi, articoli, saggi, registrazioni, fotografie, disegni, video – raccolte in un vasto archivio, riordinato negli ultimi anni di vita. Ha creato, inoltre, vari manufatti artistici – cantastorie, oggetti in cartapesta, maschere, costumi – conservati nel suo garage-laboratorio. L’insieme di questi materiali costituisce la «Casa archivio e laboratorio di Giuliano Scabia», in via delle Conce a Firenze.